Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981): il 12 settembre 2021 ricorrono 40 anni dalla morte di uno dei più importanti poeti italiani del Novecento, insignito del Premio Nobel per la Letteratura nel 1975.

Per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni.

Eugenio Montale: la poetica

Nacque aGenova il 12 ottobre 1896 da una famiglia benestante. Anche se con studi irregolari, si diplomò in ragioneria. Nel frattempo lesse tantissimo, in particolare le opere di poeti simbolisti francesi e gli scritti degli Avanguardisti italiani.

Le opere letterarie in prosa di Montale non sono molte, infatti, viene ricordato più per le sue poesie. Le uniche degne di nota sono la Farfalla di Dinard, pubblicata nel 1956 e Auto da fé, opera pubblicata nel 1966 che racconta le riflessioni culturali e morali.

Decisamente più rilevanti sono le opere poetiche

  • Ossi di seppia: pubblicata nel 1925
  • Le Occasioni: pubblicata nel 1939. Qui compare  Clizia (pseudonimo di un’ebrea americana amata dal poeta, Irma Brandeis) donna angelo in grado di portare verso la salvezza il poeta
  • La bufera e altro: pubblicata nel 1956 e mette in luce la tragica situazione portata dalla Seconda Guerra Mondiale.
  • Satura, pubblicata nel 1971

Nelle sue opere ha cantato il male di vivere e la fine delle speranze, delle illusioni, senza avere certezze o verità assolute, ma impegnandosi sempre nel cercare una ragione e un significato, un valore individuale e collettivo per cui la sofferenza possa essere vinta.Un pessimismo attivo, quello di Montale che interrogandosi sul senso della vita cerca di intravedere la verità.

Eugenio Montale e Ossi di seppia

Ossi di seppia, la prima raccolta di Montale, esce nel 1925 e politicamente  si schiera in opposizione al regime di Benito Mussolini.

Il titolo è ripreso da un’immagine presente nell’Alcyone di d’Annunzio e può assumere un duplice significato. Il primo è quello della leggerezza dell’osso di seppia che galleggia sulla superficie del mare abbandonandosi al flusso delle correnti; il secondo è quello della morte e dell’abbandono, da cui si ricava la metafora di una soggettività alla deriva. Le simbologie marine, presenti in quasi tutti i testi, sono il motivo unificante dell’opera.

La poesia che apre la sua prima, celebre raccolta, intitolata Ossi di seppia è una vera e propria dichiarazione di poetica in cui l’autore si rivolge al lettore invitandolo a meditare sulla crisi di certezze dell’uomo contemporaneo, che spesso cade nell’inganno di poter trovare una formula magica o una spiegazione sicura alle sue inquietudini.

Il poeta è colui che sa di non avere certezze e che può soltanto esprimere “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.

È colui che traduce l’impossibilità  di avere una qualche risposta.

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Limoni

Sempre della stessa raccolta, I limoni è un’altra dichiarazione di poetica da parte di Montale che nei primi versi prende le distanze dai “poeti laureati”, come Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli e Gabriele d’Annunzio, che “si muovono soltanto fra le piante dai nomi poco usati”.

Montale ama un linguaggio comune e familiare, scegliendo l’umile pianta di limoni come simbolo della sua poetica”crepuscolare”.

Il compito di Montale sarà quello di andare oltre le apparenze, le costruzioni artificiose dei versi, indagando la condizione esistenziale dell’uomo moderno, seguendo l’esempio di autori come Luigi Pirandello e Italo Svevo. Proprio quest’ultimo venne scoperto e amato da Montale quando era ancora ignorato in Italia dai critici. Nel 1925 pubblicò sulla rivista mensile L’esame l’articolo Omaggio a Italo Svevo, in cui sottolinea l’importanza e l’originalità del capolavoro La coscienza di Zeno.

Eugenio Montale a Firenze e Irma Brandeis

Due anni dopo, nel 1927, Montale  si trasferisce a Firenze, dove entra in contatto con i maggiori intellettuali dell’epoca, tra cui Carlo Emilio Gadda e soprattutto Umberto Saba, iniziando a collaborare con la rivista Solaria. Fondamentale in questo periodo è la figura di Irma Brandeis, giovane studentessa americana giunta a Firenze per studiare Dante. Saranno a lei dedicate Le occasioni, la seconda raccolta dell’autore, edita nel 1939 da Einaudi. La relazione con Irma durò fino al 1938, quando la donna, di origine ebraica, dovette lasciare l’Italia a seguito della promulgazione delle leggi razziali.

Il trasferimento a Milano con Drusilla Tanzi

Dal 1939 Montale vive  con Drusilla Tanzi, detta Mosca, con cui si unirà in matrimonio nel 1962. Insieme si trasferirono nel 1948 a Milano, dove Montale  venne assunto dal Corriere della Sera. Milano è in questi anni la capitale industriale di un’Italia in cambiamento, che negli anni cinquanta conobbe il cosiddetto “boom” economico.

È in  questi anni  che Eugenio Montale incontra la giovane poetessa Maria Luisa Spaziani.

Maria Luisa aveva 25 anni quando conobbe uno dei più celebri poeti del Novecento ad un convegno a Torino. Riuscì ad invitarlo per un pranzo per presentargli la sua famigliola borghese molto accogliente e ben disposta nei riguardi delle sue passioni letterarie. “Menomale che Proust è già morto” fu il commento della madre nell’avere Montale a pranzo. “mi dispiace non essermi reso ancora defunto” fu la risposta di Eugenio. Dopo quel pranzo iniziò il corteggiamento da parte di lui e una reciproca “passione letteraria” sancita da interessi e autori in comune. Nonostante ciò, tuttavia, entrambi erano legati ad altre persone; lui a Drusilla Tanzi, lei a Elemire Zolla e nessuno dei due riuscì a separarsene.

Comincia poi un lungo periodo di silenzio poetico interrotto solo nel 1964 con la morte della moglie Drusilla, a cui dedica una bellissima poesia: Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale.

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Eugenio Montale da senatore a vita a Premio Nobel

Nominato senatore a vita nel 1967, Montale ricevette il Premio Nobel per la letteratura nel 1975, succedendo così a Pirandello, che lo aveva ricevuto nel 1934 e Salvatore Quasimodo, nel 1959.
Si spense a Milano nel 1981 presso la clinica San Pio X dove era ricoverato. I funerali di Stato furono celebrati due giorni dopo in Duomo. Fu  poi sepolto a Firenze vicino alla moglie.

In una delle sue ultime interviste Montale, ormai vecchio, fa un bilancio della propria vita:

Ho sempre fatto quello che mi pareva più vicino al mio temperamento e alle mie possibilità e non mi sono mai montato la testa.