Martin Eden del regista Pietro Marcello,è interpretato da un poliedrico Luca Marinelli.
Il film prende spunto da un classico della letteratura mondiale e si è aggiudicato il David di Donatello 2020 per la miglior sceneggiatura non originale.
London a Napoli
Presentato alla 76esima edizione del Festival di Venezia, il film è tratto dall’omonimo romanzo di Jack London, ambientato negli Stati Uniti e pubblicato per la prima volta nel 1909. Di quel secolo e di quel Paese, London rivela i limiti e le incongruenze legate alla visione capitalistica e al mito del self made man, denunciando un divario sociale che non sarà destinato a colmarsi.
La storia di Martin Eden è quella semi autobiografica di Jack London, autodidatta arrivato al successo letterario solo dopo una serie infinita di lavori umili.
Probabilmente corrisponde a qualche elemento personale della vita di Pietro Marcello, cresciuto con grande fatica solitaria, all’interno di un’industria cinematografica in crisi.
Martin Eden e il contesto ideologico
Pietro Marcello, con un’affascinante operazione di ricollocazione spazio temporale, trasporta il Martin Eden di Jack London nella Napoli di un tempo indefinito. Situazioni prebelliche, una televisione e una macchina da scrivere della Olivetti e alcuni edifici costruiti palesemente negli anni ’50/’60, si alternano a vestiti degli anni Dieci e Venti e truppe fasciste.
Quello di Martin Eden è un ambito ideologico che si rifà al libertarismo italiano di inizio secolo, rivelandone i tormenti e le delusioni. Il regista italiano definisce questo quadro dedicando un cameo chiave a Errico Malatesta(non espressamente citato) ideologo dell’anarchia italiana.
Martin Eden respira parole che gli cambiano la vita.
“Noi vogliamo dunque abolire radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, noi vogliamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli esseri umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza”.
Il protagonista è interpretato da Luca Marinelli, autore di una magistrale interpretazione: un attore emergente con occhi azzurri che London descriveva come “fatti per guardare”,uno sguardo penetrante, affamato di conoscenza e di riscatto sociale.
La trama
Martin Eden, di umili origini, assiste all’aggressione ai danni di Arturo, giovane rampollo di una ricca famiglia di industriali. Interviene un sua difesa, e gli salva la vita. Per ringraziarlo, Arturo lo invita a casa sua: per Martin è la svolta. Entra a contatto con un mondo aristocratico del tutto diverso da quello in cui è cresciuto. Conosce Elena , sorella del nuovo amico, e di lei si innamora. Elena lo spinge a cambiare e migliorandosi attraverso la cultura.
Ossessionato da quella donna colta e raffinata, Martin aspira ad elevarsi al suo status sociale inseguendo il sogno di diventare uno scrittore. Combatte contro i suoi limiti, mettendosi in gioco e accettando ogni sacrificio che quella decisione comporta. Tuttavia, l’avvicinamento ai circoli socialisti sotto l’influenza del vecchio intellettuale Russ Brissenden, lo farà entrare in conflitto con l’amata.
Martin Eden e la miseria umana
L’equivoco aleggia in tutto il film: ci sono intenzioni incomprese e interpretazioni fuorvianti delle ideologie. Martin Eden si appella al darwinismo sociale di Herbert Spencer, di matrice liberale, e viene scambiato per un socialista; proclama l’individualismo, ma è uno dei pochi a dimostrare amore per il prossimo. La cultura, veicolo per liberarsi dalla miseria e conseguire la libertà, finisce per imporre le più grandi restrizioni della vita.
Martin Eden è un terrificante squarcio della miseria umana che riguarda tutti: gli umili e la loro fatica (lavorare in dialetto napoletano si dice “faticare”), l’intellettuale schernito dai poveracci, ma anche a quelli che dovrebbero maggiormente rispettarlo: gli editori e i direttori di testate. Ma ancora più miserabile è la classe borghese e il trattamento che riserva a chi, nato e cresciuto in una “casta inferiore”, desideri affrancarsi con la conoscenza e osi contaminare i suoi salotti buoni.
Epilogo
Importante è l’incontro con Russ Brissenden, poeta e filosofo, che lo sprona a resistere alle velleità borghesi che tentano di piegare l’arte di Martin alla mediocrità del gusto comune. Ma Russ Brissenden malato di tubercolosi e e alcolista, lo lascerà presto.
Il film si chiude con un ultimo cupissimo atto: Martin è diventato uno scrittore di successo, pallido trasandato ed emotivamente distruttivo. Ora che ha raggiunto il tanto desiderato riscatto, la fama e la libertà di scrivere, oltre al riconoscimento delle élite culturali ,è più incompreso che mai.
Alla fine Martin Eden rimane un marinaio anarchico, perduto in un tempo indefinito.
Ed è proprio in mare che tornerà.