L’Avversario perché a volte vediamo solo ciò che vogliamo

L'Avversario

L’Avversario perché a volte vediamo solo ciò che vogliamo

«Sono entrato in contatto con lui e ho assistito al processo. Ho cercato di raccontare con precisione, giorno per giorno, quella vita di solitudine, di impostura e di assenza. Di capire che cosa, in un’esperienza umana tanto estrema, mi abbia così profondamente turbato – e turbi, credo, ciascuno di noi».

 

«Credo di non aver mai provato in vita mia un malessere fisico e morale così violento, e malessere è un termine troppo blando, sentivo crescere dentro di me, dilagare, pronto a sommergermi, l’indicibile panico dei vivi. Dopo diverse ore, di colpo, è finito tutto. Ogni cosa è diventata fluida e libera, e io mi sono reso conto che stavo piangendo a grandi lacrime calde, lacrime di gioia. Mai avevo provato un malessere simile, mai ho provato un simile senso di liberazione. Per un attimo sono rimasto senza capire, immerso in quella specie di estasi amniotica.»

All’OMS nessuno lo conosceva. All’ordine dei medici non era iscritto. Il suo nome non risultava nelle liste degli ospedali parigini in cui sosteneva di aver svolto il tirocinio, come non appariva tra gli iscritti della facoltà di Medicina di Lione, sebbene tanti suoi amici sostenessero fermamente di essere stati suoi compagni di studi all’Università. Sì perché in effetti alla facoltà di Medicina si era iscritto, ma aveva smesso di sostenere gli esami al secondo anno. Da quel momento per dodici anni aveva continuato ad iscriversi regolarmente all’Università studiando con colleghi e amici ma senza mai presentarsi alle prove di esame. Da quel momento tutto nella vita di Jean Claude Romand diventa falso e il truffatore di amici e parenti, uomo gentile, premuroso e rispettabilissimo, si trasforma in un pluriomicida.

La tragedia

9 gennaio 1993. Il “dottor” Jean-Claude Romand uccide la moglie, i due figli e i genitori. Segue un tentativo di suicidio che fallisce miseramente. Ad un certo punto il castello di menzogne che era diventato la sua vita, si sgretola e l’unica alternativa possibile sembra essere quella di uccidere la sua famiglia e  poi di uccidersi per chiudere così ogni conto e non dover affrontare lo sguardo inquisitore.

Ma Romand sopravvive e viene condannato.

L’Avversario: un fatto di cronaca nera.

L’Avversario è un romanzo verità che attinge da un fatto di cronaca che sconvolse la Francia. L’interesse di Carrère non è una malsana curiosità, piuttosto l’urgenza di portare alla luce i fatti perché si possa avere risposta a due interrogativi: che cosa passava nella testa di quell’uomo durante le giornate in cui gli altri lo credevano quello che lui sapeva di non essere? E che cosa accade nel suo cuore durante le ore notturne di veglia e preghiera che trascorre nel carcere di Fresnes?
Entrare nella mente (e nel cuore) di Romand è un progetto ambizioso non sempre riuscito; il libro risente a tratti di un’impronta giornalistica che lo rende, in alcuni passaggi freddo e scarno.

L’eccezionalità del progetto di Carrère però risiede nella ricerca di un senso di un fatto così cruento e inspiegabile, una sorta di analisi del male alla stregua di Truman Capote in A sangue freddo. Non c’è alcun giudizio o arroganza voyeristica del male, ma solo un tentativo di capire ciò che forse non potrà mai essere capito.

Mentre tornavo a Parigi per rimettermi a lavoro, non vedevo più ombra di mistero nella sua lunga impostura, ma solo una misera commiserazione di cecità, disperazione e vigliaccheria. Ormai sapevo cos’accadeva nella sua testa durante le lunghe ore vuote trascorse nelle aree di servizio o nei parcheggi dei bar, era una cosa che in qualche modo avevo vissuto anch’io, e che mi ero lasciato alle spalle. Ma mi chiedevo: che cosa accade, adesso, nel suo cuore durante le ore notturne di veglia e di preghiera?

Chi è l’avversario?

L’avversario a cui fa riferimento Carrère è il Diavolo, l’angelo caduto, incarnazione per eccellenza del male e dell’oscurità.

È l'”ombra” già teorizzata da Jung che ci ricorda di non trascurare le difficoltà , gli istinti, la nostra parte oscura, perché altrimenti finirà per prendere il sopravvento.

Ci avete mai pensato?

Pensate davvero di conoscere chi avete accanto? Vi è mai venuto il dubbio anche solo per un istante che la persona che conoscete da una vita potrebbe aver costruito un’identità falsa così tanto bene da volerla proteggere da tutto e tutti, persino da voi?

Pensiamo di conoscere le persone, abbiamo certezze granitiche che ci portano a etichettare le persone in “buone” e in “cattive”.

Ma se non fosse così?

Carrère volutamente lascia aperti tutti gli interrogativi, tutte le possibilità.

Vittima o carnefice? A volte il limite è così sdrucciolevole da evaporare. Anche perché spesso vediamo esattamente quello che vogliamo vedere.

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