Cosa Vuoi Fare da grande? L’assaggiatrice di Hitler
“Le assaggiatrici”, romanzo di Rosella Postorino, è tratta dalla storia vera di Margot Wölkun, l’unica delle assaggiatrici di Hitler sopravvissuta alla Seconda guerra mondiale. Le assaggiatrici furono 15 giovani donne che, nel 1942, furono selezionate per assaggiare il cibo del leader tedesco Adolf Hitler al “Wolfsschanze” (“Tana del Lupo”), uno dei quartieri generali del Führer, per rassicurare che il cibo fosse sicuro da mangiare.
Trama
Rosa Sauer vive a casa con i suoceri, in attesa che il marito Gregor ritorni dalla guerra. Siamo nell’autunno del 1943 a Gross-Partsch, un villaggio molto vicino alla Tana del Lupo, il nascondiglio di Hitler.
Il giorno in cui le SS busseranno a casa, la vita di Rosa non sarà più la stessa. Da quel momento diventerà l’assaggiatrice dell’uomo più potente di Europa. Insieme a lei vivranno altre donne, donne con le quali Rosa, condividerà la mensa e la paura della morte.
Opprimente è il contrasto tra il mondo esterno, segnato dalla paura e dalla fame e l’apparente mondo di ricchezza e tranquillità che si respira nella stanza della mensa. Una pace falsata: in quella stanza si consuma il quotidiano incontro con la morte.
Rosa scoprirà presto che le sue compagne di mensa non sono amiche, anzi. Incontrarle al villaggio è quasi spiacevole. Ma dentro quella stanza, nonostante tutto , si cercano i legami, si cerca il conforto di compagne di sventura anche se, ci si guarda con sospetto ,certe di non potersi fidare di nessuno.Divise in gruppi, le donne mangiano pietanze differenti.
Il Führer
E il Führer?La sua presenza si avverte cupa e pressante anche se non interagisce con le assaggiatrici: mirabilmente tratteggiato, sempre invocato ma mai presente e, per questo ancora più inquietante.
La vita di Rosa si sconvolge nuovamente quando scopre che Gregor è disperso in Russia. Rosa ha conosciuto l’intimità coniugale per un anno, e come tutte le donne della sua età desidera diventare madre, ma la scomparsa di Gregor mette la parola fine alle speranze future. Quale futuro si può sognare?
Rosa si rivela al lettore in tutti i suoi pensieri più intimi e con lei riflettiamo sulla vita e la morte.
“Come si fa a dare valore a una cosa che può finire in qualsiasi momento, una cosa così fragile? Si dà valore a ciò che ha forza, e la vita non ne ha; a ciò che è indistruttibile, e la vita non lo è. Tant’è vero che può arrivare qualcuno a chiederti di sacrificarla, la tua vita, per qualcosa che ha più forza. La patria, per esempio”
“Le assaggiatrici” , vincitore del Premio Campiello 2018, partendo da un evento storico poco noto ai più, porta in scena il dramma dell’adattarsi, del non riuscire a fare la giusta scelta in un mondo ormai malato, infetto, inquinato dal potere e dalla voglia di prevalere sul più debole.
Le assaggiatrici e il tormento di Rosa Sauer
La vita di Rosa Sauer non è soltanto stravolta dal dolore e dalla morte come qualsiasi guerra impone.
In Rosa il tormento è molto più profondo: lei e le sue compagne portano il peso di una vita in cui, un atto tanto naturale e spontaneo come nutrirsi, può trasformarsi in un incontro con la morte o, nel migliore dei casi, le rende responsabili della sopravvivenza di una delle personalità più crudeli e folli della storia .
Rosa fa i conti ogni giorno con il suo non essere «una buona tedesca»: non è abbastanza tedesca da cedere al mito del Führer, eppure non è abbastanza coraggiosa per ribellarsi. Non riesce a mantenere fede alla «condizione che tutti si aspettavano da me, quella di una moglie in pena»,e per sopravvivere ,non trova altro espediente che lasciarsi vivere:
«Perché, da tempo, mi trovavo in posti in cui non volevo stare, e accondiscendevo, e non mi ribellavo, e continuavo a sopravvivere ogni volta che qualcuno mi veniva portato via? La capacità di adattamento è la maggiore risorsa degli esseri umani, ma più mi adattavo e meno mi sentivo umana».
Ma saranno proprio le sue non-scelte che ci faranno arrabbiare, amare e comprendere Rosa, come donna inerme di fronte a qualcosa più grande di lei.
Sicuramente è interessane offrire al lettore la percezione della guerra dal punto di vista di chi viveva nell’ombra come le assaggiatrici, tuttavia non convince. Il finale è troppo frettoloso e poco affascinante. La scrittura è eccessivamente retorica ed ampollosa, a tratti banale.
Ciò che però rimane viva e costante fino all’epilogo, è la questione di fondo del romanzo, un interrogativo essenziale ma che purtroppo non avrà mai risposta: