Audre Lorde, poeta, militante e pensatrice, nasce il 18 febbraio 1934 ad Harlem, terza e ultima figlia di genitori originari dei Caraibi. Cresciuta ad Harlem, dimostra una precoce propensione per la lettura e la scrittura, nonostante alcuni problemi alla vista l’abbiano resa praticamente cieca fin da piccolina.
Audre Lorde una outsider
Il pregiudizio razziale è stato presente sin da subito nella sua vita, a partire dalla diffidenza che la madre stessa provava nei confronti delle persone con la pelle più scura della sua, figlie comprese.
Fra i problemi con i genitori e una generale difficoltà di comunicazione, la poesia si è rivelata ad Audre come principale strumento di espressione e come mezzo per connettersi con gli altri “outcast”.
Fin da piccola Audre, con una personalità già forte e sensibile, matura una dolorosa coscienza di outsider che sarà una sua enorme risorsa nella vita. Al distacco dalla famiglia segue un travagliato periodo di sperimentazione sia a livello sociale e lavorativo sia affettivo e sessuale, in cui, tra l’altro, Lorde frequenta la scena lesbica di New York.
A ventisette anni sposa Edwin Rollins, bianco laureato in legge e gay. Nascono da loro due figli, Elisabeth e Jonathan, senza per questo che Audre rinunci alla sua omosessualità, che sempre più le appare come la sua autentica scelta di vita.
Gli anni 1968-70 segnano svolte fondamentali nella vita di Audre.
La pubblicazione del primo libro di poesie, la scoperta della vocazione di insegnante, la separazione dal marito e la scelta di convivere e crescere i suoi figli insieme a una donna, il delinearsi sempre più dell’impegno nei movimenti sia femminista che nero.
Nel 1974 compie un viaggio in Africa alla ricerca di miti e leggende di dee e amazzoni nere, che da ora in poi diventeranno parte della sua scrittura e della sua immagine pubblica. Il patrimonio afro-caraibico diventa una rivelazione intellettuale e poetica, che le consente di rappresentare quel femminile nero, potente, che riconosce dentro di sé e a cui intende dare voce nella sua poesia e nella sua politica.
Audre e la lotta più importante
Nel 1977 Audre affronta la sua più feroce battaglia contro il cancro, dalla quale ne uscirà sconfitta nel 1992.
La malattia permette a Audre di accelerare la diffusione del suo pensiero.
Tra il ’77 e l’ ’87 vengono prodotti tutti i suoi scritti in prosa, contenuti nelle tre raccolte The Cancer Journals, Sister Outsider e A Burst of Light (interamente tradotti in italiano nel volume Sorella Outsider , 2014) e la narrativa autobiografica Zami. A New Spelling of My Name (ed. italiana Zami. Così riscrivo il mio nome, 2014).
In questo periodo la voce pubblica di Lorde raggiunge la sua massima espressione: Audre diventa una figura amatissima, quasi mitica del movimento femminista e nero.
Nei suoi componimenti Audre Lorde ha sempre riflettuto su blackness, lesbismo, discriminazioni, invalidità e malattia.
“Mi definiscono come ‘diversa’ in ogni gruppo di cui faccio parte”, ha scritto.
Il femminismo intersezionale
Il suo pensiero ha dato vita ad una serie di riflessioni che oggi costituiscono il femminismo intersezionale.
La parola “intersezionale” fa riferimento alla geometria: il punto in cui due rette (o assi) si incrociano si chiama intersezione. Gli assi servono a stabilire ordine e gerarchie: se mettiamo due numeri in fila lungo un asse, sappiamo sempre dire qual è il più grande e qual è il più piccolo.
Allo stesso modo, tra le persone è facile dire quali sono più “importanti” di altre: i maschi lo sono più delle femmine, le persone bianche più delle persone nere, le persone cis-gender più di quelle trans-gender, chi ha un corpo abile più di chi possiede delle disabilità… e così via.
In base a questa prospettiva, l’essere donna, è solo una delle tante condizioni di marginalità a cui la società contemporanea sottopone gli individui (l’essere neri, stranieri, disabili, omosessuali…) e l’avanzamento dei diritti di una categoria marginalizzata non è mai compiuta o esente da privilegio se non si accompagna con l’avanzamento dei diritti di tutte le altre.
“Promuovere la mera tolleranza delle differenze tra donne è riformismo del più grossolano. È una negazione totale della funzione creativa della differenza nelle nostre vite. La differenza non deve essere solo tollerata, ma vista come una riserva di quelle necessarie polarità tra le quali la nostra creatività può fare scintille come una dialettica.”
(Gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone, 1979).
Con il suo sguardo attento e la sua pratica di vita precorre, con notevole anticipo sui tempi, anche un discorso ambientalista che, negli anni Ottanta, aveva ancora uno spazio di risonanza circoscritto.
La sua storia personale la porta a stabilire una precisa interconnessione tra fattori ambientali e malattia, tra lotta contro il cancro e politica. In questa prospettiva la scelta della cura può essere solo olistica con la consapevolezza che siamo più forti e più saggi dell’insieme dei nostri errori.